David Cecchini dirigente del Corinaldo Allievi: "La vittoria in Coppa è solo il primo tempo. C'è un campionato da onorare."
“La scorsa stagione, nella gara playoff contro il Cus Macerata al PalaSavelli, non avevamo dimostrato il valore effettivo dei singoli e di squadra. Avevo visto un gruppo timoroso, da quel punto debole dovevamo ricominciare. Vincere la Coppa Marche è stato come essersi tolti un sassolino dalla scarpa”.
L'orgoglio sopito che ritorna a bussare in David Cecchini, dirigente (riduttivo) degli Allievi dell'ASD Calcio a 5 Corinaldo freschi e per la prima volta vincitori di Coppa Marche. Una finale vinta (2-1) contro l'unica squadra che, fino a quel momento era riuscita a batterli.
L'avevi pensato e non lo hai fatto. Ecco David Cecchini è la classica persona che lo pensa e lo fa.
Cecco (così lo chiamano tutti) crede fortemente nei giovani. Non è pessimista, ma realista e, se a volte può sembrare duro, in fondo sai che non lo fa intenzionalmente, ti arma di consapevolezza per permetterti di difenderti.
Cecco aveva capito che dentro i suoi Allievi c'era un mondo. Ma un mondo inespresso. Li avevamo lasciati così gli Allievi del Corinaldo. Talentuosi, ma senza avere controllo di sé stessi e delle proprie emozioni.
Dal PalaSavelli di Porto San Giorgio al PalaPrincipi di Camerano scenario della vittoria di Coppa Marche: qual è stato il punto di svolta?
“La fine stagione scorsa eravamo frastornati dalla vittoria della C1, l'effetto serie B è durato qualche settimana. A luglio ho incontrato Max (Massimo Tinti) e abbiamo iniziato a lavorare dietro le quinte. Daniele (Bronzini, ex mister Allievi, oggi alla guida della serie B) ha gettato le basi, io e Max, essendo sulla stessa lunghezza d'onda, abbiamo iniziato a programmare, capirai Max programma tutto, anche a che ora andare in bagno!”
Perché hai deciso di dedicarti anima e corpo agli Allievi?
“Ad oggi posso dire per scommessa. In più credo che il mondo d'oggi sia una giungla, un mondo povero di valori ed è proprio in questi momenti che occorre lavorare bene per costruire qualcosa di serio e duraturo. Con Max ho trovato subito l'intesa.”
Di cosa aveva bisogno questa squadra?
“Aveva già un'ottima quadratura, ma Biagini e Serpicelli sarebbero venuti a mancare, dovevamo cercare due ragazzi che ricoprissero questi ruoli. La preparazione, tranne i due, è iniziata con la stessa formazione, ma avevamo bisogno di altre pedine, la rosa era troppo ristretta. Sono arrivati Giovanni Romagnoli classe '99 direttamente dall'Ostra Calcio, faceva il secondo portiere. Matteo Artibani dall'Ostra Vetere calcio, Michele Rigamonti e Simone Bagnati dal Corinaldo Calcio, tutti 2001, tutte scommesse.”
Se ti dico Valpiana, cosa ti viene in mente?
“Il rifugio sul monte Catria. 28-29-30 agosto, due notti, tre giorni. Ho proposto la cosa a Max e sia lui che i ragazzi l'hanno subito condivisa. Così come l'hanno accolta con entusiasmo i genitori Andrea Agostinelli e Giuseppe Bacchiocchi che ci hanno dato una grossa mano, nel rifugio non c'era nulla se non l'acqua, abbiamo portato tutto noi.”
Ti va di raccontarmi?
“I ragazzi avevano bisogno di staccarsi alcuni giorni dalla quotidianità per riscoprire i veri valori che la società oggi non ti regala. Portarli lontano da internet, dai cellulari, solo natura e sport.”
Questo l'obiettivo?
“Si e ritrovare quella squadra smarrita e quelle motivazioni che non eravamo ancora riusciti a tirare fuori. Conoscevo, conosco le potenzialità dei ragazzi.”
Giornata tipica.
“Sveglia alle 7. 7.30 colazione con caffè, latte, crostate fatte in casa, tè, marmellata. Poi 10 chilometri a piedi alternati alla corsa. Io e Andrea (Agostinelli) in bici. Ore 13 pranzo con pasta al pomodoro, prosciutto e melone... Riposo poi parte tecnica nel campo all'aperto di Frontone. Ritorno al rifugio, doccia, cena e chiacchiere in compagnia, perché, nonostante la stanchezza, nessuno aveva sonno. E ci tengo a precisare che ognuno lavava e stendeva le proprie cose, dai calzettoni alle magliette da allenamento.”
Il momento più bello?
“Il falò. E la luna piena. Prima abbiamo fatto una grigliata poi, attorno al fuoco acceso ognuno ha tirato fuori le proprie motivazioni per la stagione che sarebbe andata a iniziare, come avrebbe supportato la squadra.”
La tua motivazione qual è stata?
“Ritrovare quella cattiveria e voglia di vincere. Dialogo reciproco per ritrovare il gruppo e ripartire. Poi Max, uno che di campi in erba ne ha calpestati, ha raccontato la sua storia, ha riempito la serata di aneddoti e saggezza sportiva.”
Una volta tornati?
“Speravamo che le motivazioni trovate lassù potessero scendere in campo. Tre settimane di preparazione con all'inizio parecchi ragazzi in prova, ne ho notato qualcuno bravo tecnicamente, ma con zero voglia di ascoltare, ragazzi provenienti dal calcio che pensavano il calcio a 5 fosse più o meno la stessa cosa, invece si sbagliavano. La Coppa vinta, e mi tolgo un sassolino dalla scarpa, è anche per quelli che non hanno creduto nel progetto ammaliati da facili sirene.”
La vostra filosofia?
“Lavorare bene e divertirsi.”
La miglior partita giocata fino ad ora?
“Contro il Cus Ancona nel cammino verso le Finals. Una gara che sarebbe potuta finire in parità, giocata azione su azione. Nel primo tempo eravamo sotto di un gol (2-0), ma sono entrato dentro lo spogliatoio convinto avremmo vinto.”
Come vi siete preparati per le Finals Four di Coppa?
“Nell' ultimo allenamento prima di Natale, Max, dopo trenta minuti, ha mandato tutti dentro agli spogliatoi, non avevano recepito il messaggio di quanto fosse importante e delicato il momento. I ragazzi hanno capito, si sono scusati e hanno ricominciato. Siamo arrivati alle Finals consapevoli, motivati, organizzati.”
La semifinale contro il Civitanova.
“Con la vittoria abbiamo preso ulteriormente fiducia. Nell' allenamento successivo alla semifinale eravamo pronti.”
Pronti per affrontare l'Alma Juventus Fano l'unica, fino a quel momento, in grado di battervi.
“Esatto. Ma, aver parlato tanto con i ragazzi, esserci arrabbiati, averli resi più responsabili, aver tirato fuori da loro quello che avevano dentro è servito. La società ha sempre creduto in loro.”
Come hai vissuto la vigilia?
“Ero a casa. Ho riletto Milan-Liverpool di Champions persa ai rigori (Cecco è un grande tifoso milanista, ndr).”
Perché proprio quella?
“Cercavo di trovare qualche motivazione da riportare ai ragazzi nel caso in cui fossimo arrivati ai rigori. Fortunatamente non è servito.”
Al triplice fischio finale, la prima cosa che ti è venuta in mente?
“Ho fatto un grande urlo. Ho abbracciato Max prima di tutti.”
Una dedica?
“In primis al presidente Luca Bucci, alla sua sensibilità. Luca crede nel territorio, nello sport e nella nostra realtà sempre più in crescita. Una dedica alle famiglie che stanno dietro questi ragazzi. Una dedica a Max, perché ha saputo tirar fuori quello che c'era, ma non usciva. E ai ragazzi.”
Quale ricordo ti porterai con te?
“Non me ne vogliano gli altri, ma a Valpiana, Edoardo (capitan Agostinelli) si era sfogato e aveva fatto delle promesse che in finale ha mantenuto. Ha dimostrato che dietro alle parole e alle promesse c'è un ragazzo in gamba e di carattere.”
Cosa auguri a questi ragazzi?
“Questo è ancora il primo tempo. Non occorre cullarsi sugli allori, c'è un campionato da onorare. Senza mai dimenticarsi la scuola e la famiglia; so che gli allenamento di Max sfiniscono mentalmente, ma alla loro età c'è tutto il tempo per dosare le energie e arrivare dappertutto.”
In quel falò delle vanità è stato arso il superfluo e afferrato il concreto. Da lì è ricominciata la marcia, ancora in salita, ma con la consapevolezza ognuno di se stesso, il più grande traguardo si possa raggiungere. Nessun capofila, tutti in riga, una squadra.
Alice Mazzarini
Lady Futsal