La replica del Pieve d'Ico: "E' stata violenza. Nostra scelta di ritirarci giusta, ma doveva essere presa da arbitri."

 

Pubblichiamo integralmente il comunicato ufficiale della Pieve d’Ico sempre in merito alla questione creatasi nella gara contro l’Ankon Nova Marmi

 

In data 17 novembre è in programma il match del campionato dilettantistico Serie C1 Marche: Ankon Nova Marmi - Pieve d'Ico.

La partita, giocata con grinta e determinazione da entrambe le squadre (ma sempre nei limiti della competizione sportiva), ha visto terminare la prima frazione con gli Icensi in vantaggio per 3 reti a 1.

È proprio al duplice fischio che accade il fatto clou: un fatto violento e assolutamente condannabile. In seguito a battibecchi tra tribuna e campo (di come se ne vedono a milioni durante le partite, tanto che gli arbitri non hanno rilevato nessuna scorrettezza particolare), alcuni dirigenti locali (non in lista e per giunta incappucciati) assieme a qualche tifoso dell'Ankon, all'uscita del campo riservata ai giocatori, aggrediscono prima verbalmente e poi fisicamente i tesserati della Pieve d'Ico.

I nostri ragazzi, visto il clima di paura creatosi, per quindici minuti circa non sono stati in grado di raggiungere il proprio spogliatoio.

Testimoni oculari e parte lesa dell'aggressione anche i signori arbitri, spintonati nel parapiglia e costretti anch'essi ad aspettare il rientro negli spogliatoi. Arbitri stessi che hanno poi sollecitato l'intervento della forza pubblica a tutela dell'incolumità di tutti.

La decisione: È così che, per ragioni di sicurezza personale di ogni nostro tesserato, abbiamo ritenuto di soprassedere al rientro in campo per disputare la seconda frazione di gioco, in quanto non sussistevano le condizioni minime di sicurezza per poterlo fare, sia sotto il profilo sportivo che psicologico di chi avrebbe dovuto cimentarsi nell'incontro.

Considerazioni: Con quale spirito saremmo dovuti scendere in campo a terminar la partita? Perché la drastica decisione è dovuta arrivare dalla nostra società, coi responsabili delle varie delegazioni che insistevano nel farci tornare in campo come se nulla fosse successo? Ci chiediamo se si stia rischiando di creare un pericolosissimo precedente.

Non si può permettere che una partita ricominci dopo un'aggressione fisica: facendo ciò, si sdoganerebbe il principio secondo il quale ogni avversario può essere aggredito, salvo poi riprendere il gioco solo per il semplice arrivo delle forze dell'ordine, come se niente prima fosse accaduto.

I signori arbitri, spinti dalle direttive degli organi competenti, avrebbero dovuto far riprendere l'incontro. La stessa domanda vale per loro: con quale spirito, ormai visibilmente scossi e per forza condizionati dall'accaduto? Tanto spaventati da non riuscir neanche a rientrare in campo per fischiare la fine della partita, seppur sollecitati a farlo.

Conclusione: Noi siamo certi di aver fatto la scelta giusta, avendo così garantito, come detto sopra, l'incolumità a tutta la nostra squadra. Non servono ambulanze o sangue per giudicare la gravità della violenza commessa. Violenza è stata. Punto. E ci auspichiamo giustizia.

 

 

Ufficio Stampa Pieve d’Ico