Fulvio Colini, professione vincente: "Io rappresentante di un Futsal a più ere. Il sogno nel cassetto? Altri dieci anni a questi livelli!"
Nel Futsal, nello sport in generale, ci sono tante componenti.
I giocatori, l’arbitro, il pubblico, i giudici di gara e via dicendo.
Poi però c’è una componente extra, una variabile impazzita, che altera completamente gli equilibri del gioco.
E’ la categoria dei vincenti, molto rara ma decisamente preziosa.
Uno dei massimo esponenti è senza dubbio Fulvio Colini, Head Coach del Pescara Calcio a 5.
Uno con un palmares ed un curriculum sportivo che basterebbero da soli a riempire le pagine di quest’intervista.
Lo abbiamo intervistato, con grande orgoglio, in esclusiva assoluta per Futsalmarche.it toccando i temi più svariati legati alla nostra disciplina.
L’evoluzione del regolamento, i cambiamenti tecnico-tattici, uno sguardo al futuro, e tante curiosità sulla vita e la carriera di uno dei monumenti assoluti del Futsal italiano e non solo.
Buongiorno Mister e benvenuto su Futsalamarche.it
“Buongiorno a voi, vi leggo sempre con grande piacere.”
Cosa rappresenta per lei il Futsal?
“Trentadue anni fa, quando iniziai, era un hobby da dividere con gli amici. Poi è diventata una passione. Adesso è una vera e propria professione. La particolarità è che nonostante ci sia questa professionalità per me rimane sempre un piacere. In Estate sono in sindrome d’astinenza…”
Quanto è stato importante Colini per il Calcio a 5 e quanto il Calcio a 5 è stato importante per Colini?
“Per me è stato fondamentale. Prima avevo un’attività privata a Roma e mi limitavo a svolgerlo con la passione e la gioia di chi lo considera pur sempre un hobby. Poi, chiaramente, con il tempo è diventato il mio vero lavoro e di questo non posso che esserne felice. Il contributo che ho dato alla crescita del Futsal credo sia stato importante. Tutti quelli che come me hanno attraversato la disciplina dagli anni ’80 fino ad oggi sono stati determinanti. Non sono tantissimi quelli che hanno percorso tutte queste “ere”, quindi mi posso ritenere anche io un fondatore morale (risata).
Se per un giorno avesse il potere di cambiare qualcosa, cosa cambierebbe?
“Per prima cosa andrei alla ricerca dell’autonomia. Essendo il nostro uno degli sport più praticati d’Italia è un controsenso rimanere una costola di Adamo del Calcio. Attraverso quale strada non saprei, ma bisogna essere liberi di crescere. Interverrei sulla presentazione, sulla pubblicità, soprattutto investendo con tecniche manageriali che assicurino un ritorno d’immagine. Poi interverrei sul regolamento. Il quinto uomo lo ritengo assurdo in uno sport in cui si gioca in pari numero. Così come l’espulsione in inferiorità. Nel Basket si espelle un giocatore e si sostituisce non facendolo più rientrare.”
E’ già che abbiamo parlato del regolamento, lei è indicato tra i maggiori “nemici” delle innovazioni di quest’anno (in particolar modo quella sui contatti). Ci vuole spiegare il suo punto di vista?
“Non è tanto l’essere amico o nemico. L’ho ripetuto più volte ad un arbitro, di cui non faccio il nome, è come se un Sindaco autorizza gli stranieri a lavarsi i piedi nella Fontana di Trevi. Si può essere garanti in modo generico ma poi nello specifico è un’altra musica. Qui si è stravolto il regolamento internazionale. Siamo ancora al Medioevo, non si può vedere una partita dove i giocatori “piangono” al minimo contatto, siamo sul ridicolo. Addirittura la selezione degli arbitri avviene in base all’applicazione di questa regola… non scherziamo”
Cosa si sarebbe dovuto fare e non è stato fatto?
“Una parte delle modifiche è buona. Il richiamo e l’allontanamento per gli atti di maleducazione mi trova d’accordissimo. All’arbitro non bisogna proprio rivolgersi, sennò diventiamo come il Calcio. Io piuttosto vorrei spendere due parole per il metro di giudizio pre e post quinto fallo. Negli altri sport c’è più oggettività nella sanzione. Qui, spesso, si ha paura di fischiare il sesto fallo per non danneggiare lo spettacolo. Così si sfocia nella farsa e nel paradosso.”
Quanto ritiene importanti i settori giovanili per la crescita del movimento?
“E’ una vecchia storia. La Divisione Nazionale sta lavorando bene in questo senso, e lo dico io che non sono assolutamente un fan del “Palazzo”. Nel periodo post Rubei, Menicucci e via discorrendo, c’è stato un periodo buio per i giocatori italiani caratterizzato dalla pessima gestione della Nazionale Italiana. Purtroppo sono ancora pochi i grandi tecnici che lavorano in funzione dei giovani. Cito su tutti Pagana che, da anni, sta svolgendo un ottimo lavoro in questo senso. Il potenziale degli italiani non è inferiore a quello di nessun’altra nazionalità. Bisogna creare i presupposti di crescita sin dai quattrodici-quindici anni. I Leggiero, Schininà, Ercolessi, Cesaroni sono solo l’esempio del trand che si sta invertendo.”
Un occhio sulle Marche. Da esperto del settore che idea si è fatto delle Marche del Futsal?
“L’ho sempre vista come una regione che ha sonnecchiato dietro le grandi potenze del settore. Nelle Marche quel che è sempre mancata è stata la grande passione, che comunque non si è mai estinta. Le basi sono sufficienti. Osimani, Il “Vate”, è un tecnico molto competente ad esempio. Mi piacerebbe vederla come protagonista sia come presenza che come organizzazione.”
Cosa manca quindi per sbarcare ai piani alti?
“Penso che manchino quelle grandi realtà imprenditoriali che ci sono da altre parti. Faccio un esempio. In Veneto c’è un gran movimento ma soprattutto c’è chi investe in questo Sport. Asti, Arzignano, Marca hanno portato linfa e vitalità, ma senza le persone che ci sono dietro questo sarebbe stato impossibile. Il merito è degli Iannascoli, dei Barbarossa, degli Iervolino. Basterebbe, alle Marche, un personaggio del genere che cadesse dal cielo e il grande salto arriverebbe automaticamente. Ovviamente l’obiettivo non deve essere il salto sporadico, ma quello duraturo per diventare una realtà importante”
Concentrandosi sull’anno in corso. Il suo Pescara, tra Campionato, Coppa Italia e Futsal Cup, già vincitore della Supercoppa, dove può arrivare?
“Sono ormai trent’anni che alleno ai massimi livelli. So quanto sia difficile vincere ma soprattutto riconfermarsi. L’obiettivo è rimanere ai vertici anche in questa stagione. Abbiamo già vinto la Supercoppa, speriamo di portare a casa qualche altro trofeo. La squadra, almeno in Italia, ha tutte le carte in regola per poterlo fare. In Europa ci sono quattro, cinque squadre a noi superiori, ma averle evitate nel girone d’Elitè Round è già un grosso risultato. Proveremo a ripetere l’impresa di Luparense e Montesilvano, cioè quella di un’altra finale europea."
Pensare ad un Triplete è da pazzi?
“Già il double italiano (Coppa Italia e Campionato) è difficilissimo. La Coppa Italia è durissima, otto squadre senza supplementari e rigori. In tre, quattro giorni la fortuna deve assolutamente girare per ottenere un bel risultato. Il Campionato è ancora più duro. Contro di noi ognuno mette qualcosa in più, partite durissime, a volte guerriglie. In Europa ci sono squadre formidabili. La palla è rotonda, per carità, e in una finale a quattro può succedere di tutto. Sognare non costa nulla…”
Per chiudere qualche curiosità. Qual è sportivamente il ricordo più lieto al quale è legato?
“La vittoria della Coppa Italia con il Nepi nel 2002. Eravamo ultra sfavoriti. C’erano l’Arzignano grandi firme, la Roma di Agenore Maurizi, il Perugia di Rogerio. Noi, zitti zitti, le mettiamo tutte in fila e vinciamo la Coppa Italia. Addirittura giocammo in porta con il terzo portiere. Il punto più alto della mia carriera. Pensa che partimmo con mezzi privati perché ci dissero che saremmo tornati subito a casa…”
La più grande delusione?
“Delusioni ce ne sono state tante. Ho perso tante finali. Ne dico una. Quando vincemmo la Futsal Cup con il Montesilvano non ebbi l’onore e il piacere di guidare la squadra in Coppa Intercontinentale perché fui allontanato la settimana prima. Trofei così chissà quando e se ricapiterà di giocarli…”
Il giocatore che più l’ha resa orgogliosa di averlo allenato?
“Tanti. E di “ere” diverse per riallacciarci a quanto avevo detto sopra. Giocatori che, senza presunzione, posso dire di avere illuminato io stesso. Penso a Garcia, Planas, Marcio Forte fino ad arrivare a Caputo, Canal e Roberto Matranga.”
Una sicura promessa del Futsal Italiano?
“Azzoni dell’Asti e Rosa del Montesilvano. Sbilanciarmi sui più giovani è ancora dura ma su questi mi sento di scommettere. Diventeranno giocatori importanti, ne sono certo.”
L’eterno rivale?
“All’inizio pensa che mi chiamavano l’eterno secondo, costantemente dietro Nuccorini. Poi incontrare i Velasco, Agenore Maurizi, Piero Gialli è stato un grande onore. Grandi rivali per grandissime sfide. Adesso ci sono nuove leve, ma è ancora presto per vedere chi salirà alla ribalta. Pagana per esempio si farà sicuramente. Per me, per fare cose importanti, ci vogliono i fatti dentro e fuori dal campo. Con le sole chiacchiere non si va da nessuna parte…”
Il sogno nel cassetto, se ancora ce ne è uno?
“Chi mi conosce sa bene che quando Rogerio ha segnato il rigore decisivo prima ho esultato come un bambino poi però ho subito pensato alla Supercoppa. Vivo della competizione ai massimi livelli. Sono vizi che mi auguro di non smettere mai, almeno per dieci anni. La grinta è quella dei primi giorni…”
Chapeau Mister Colini, a presto, al prossimo traguardo!
Peppe Gallozzi
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