La vita dei n° 1 secondo Alberto Mancini: "L'A.I.P.P.F., l'importanza del preparatore e i migliori giovani marchigiani nel ruolo."
Dicono che i portieri siano tutti un po’ matti. Ed io un po’ ci credo.
Ritenendo pure che quelli di calcio a 5 debbano esserlo un pochino di più. Se non altro per il bombardamento continuo a cui sono sottoposti. Da distanze decisamente non siderali.
Ma se la diceria popolare punta sulla pazzia, la mia piccola esperienza di guardone di futsal mi fa propendere per un altro aspetto. Predominate. Quando si parla di estremi difensori.
Chi difende i pali di un campo di calcio a 5 ha un unico comune denominatore. La passione.
Forte. Estrema. Indissolubile. Che gli altri giocatori possono anche non avere.
Perché i portieri sono soli in mezzo al campo. Certo il gioco moderno li coinvolge ora anche nello sviluppo dell’azione. Ma è a quelle rete, possibilmente il più immacolata che si può, che devono rendere conto.
Sempre e comunque.
Ed è il primo pensiero che mi sfiora guardando quest’uomo di 42 anni tenere una lezione a dei giovani portieri. Agli ammirati studenti per un giorno sussurra “devi volere bene al primo palo come alla mamma. E non l’abbandonare mai.” E loro annuiscono.
Il signore di cui stiamo parlando si chiama Alberto Mancini. L’indicibile passione per il ruolo di portiere l’ha trasformata in lavoro. Preparatore dei portieri.
Perché per arrivare ai massimi livelli l'amore per le porte da solo non basta. Serve la scientificità. Tradotta in allenamenti e preparazione costante. Sotto il monitoraggio dei maestri del ruolo.
Alberto crede talmente tanto nella funzionalità del preparatore (“ogni tanto di notte ho l’ispirazione per un nuovo esercizio, tanto da scendere dal letto e appuntarlo”) da aver fondato, assieme ad esimi colleghi, un’associazione nazionale. L’A.I.P.P.F.
Ed è proprio su questo che ti poniamo la prima domanda. Per i neofiti cosa significa l’acronimo A.I.P.P.F. e di cosa tratta?
“Sta per Associazione Italiana Preparatore Portieri Futsal. E’ nata nel 2010 ed è un’associazione per ora virtuale gravitante su Facebook e Twitter, non riconosciuta dalla Federazione. Questa virtualità è una nostra precisa scelta, proprio per non calcare troppo la mano sulle istituzioni federali. Col tempo puntiamo ad ottenere la degna qualifica istituzionale del ruolo del preparatore dei portieri, la creazione di un corso apposito per il rilascio del brevetto, l’istituzione dell’annesso patentino. Oltre all’aggiornamento continuo attraverso dei corsi.”
Chi presiede l’associazione e quanti iscritti avete?
“Il presidente è David Calabria, allenatore di primo livello e docente a Coverciano. Il consiglio direttivo nazionale, oltre che dal sottoscritto, è composto da Arnaldo Costanzi, Alberto Nogara e Marco Shindler. Attualmente siamo 400 iscritti, ma è probabile una prossima scrematura.”
Le finalità della vostra associazione?
”Far crescere il portiere di calcio a 5. Sia come giocatore in sé per sé, sia per far capire l’importanza di questo ruolo all’interno di una squadra. Perché molti ancora non lo hanno ancora capito. Soprattutto in ambito regionale.”
Quanto conta il portiere nel futsal moderno? Altra diceria comune è che più si riducano le dimensioni del campo, più l’estremo difensore sarà decisivo…
“Diceria corretta. Campo piccolo significa, salvo eccezioni, numeri uno super impegnati. Quello del portiere è un ruolo decisivo per determinare il risultato di una partita. Non credo sia possibile fare obiezioni su questo.”
Come nasce la tua estrema passione per questo ruolo?
“Ovviamente ero un portiere. Il mio massimo risultato è stato vincere la C2 con l’F.C. Porto San Giorgio. L’amore per questo ruolo e il piacere di fare il preparatore è sbocciato con Luigi Pagana al San Giorgio. Claudio Trasatti mi ha voluto nello staff ed il mister mi ha accolto alla grande, dandomi l’opportunità di intraprendere la mia carriera.”
Come lavora un preparatore dei portieri?
“Bisogna fare subito un distinguo stabilendo in quale ambito ci si muova. A grandi livelli un buon preparatore lavora il 70% sulla psicologia e il 30% sulla tecnica. Discorso totalmente diverso a livello regionale. Ci si allena solo due volte alla settimana. Bisogna capire che prima di atleti c'è gente che lavora o studia. Con precise esigenze. Per questo credo sia opportuno diversificare sempre le sedute di allenamento, cercando di tenere alta l’attenzione allontanando noia e suscitando divertimento. Personalmente, ciascuno ha il suo metodo, preferisco focalizzare l’attenzione durante la stagione sulle lacune emerse in partita. Correggendo gli errori.”
Una domanda classica riguardante l’equipaggiamento. Un buon portiere come deve giocare? Con i guanti o senza?
“Il discorso è puramente soggettivo. Ho allenato portieri molto dotati soliti esibirsi nella doppia modalità. Adilson li usava, Davide Putano e Felipe Chemin non li hanno mai messi! Ho visto anche molti numeri uno che hanno iniziato con i guanti e poi nell'arco della carriera li hanno smessi. Il mio parere professionale è che senza si abbia molta più sensibilità sulla palla, specialmente in fase di lancio o d'impostazione. Io preferisco giocare senza con le dovute protezioni sulle dita e polsi. Ma ripeto stiamo sempre parlando sul piano della soggettività.”
Come si costruisce un Mammarella? Sempre se sia lecito pensare di poter riprodurre un portiere come Stefano già premiato due volte come migliore del mondo...
“Una ricetta naturalmente non esiste. Contano in principio ottime doti naturali. E poi serve avere un buon preparatore capace di affinarne i dettagli. E tanta applicazione su questo. Se devo farti per forza una percentuale diciamo un 50% tra le due componenti.”
Alberto, parlaci ora delle tue esperienze.
“Come detto la mia esperienza è nata con mister Pagana al San Giorgio. Avevo Adilson e Felipe Chemin. Un’avventura fantastica che ricordo sempre con estremo piacere. E ringrazierò sempre chi mi ha accolto alla grande, non facendomi pesare il mio essere debuttante.
Poi c’è stata la Futsal Samb. Ho lavorato con Davide Putano, un formidabile professionista capace poi di diventare Campione d’Italia da protagonista, e Diego De Crescenzo, attualmente titolare in A2 nel Gruppo Fassina. E c’era Alessio Pennacchietti che con me ha iniziato un percorso lungo e doloroso (sorrisone sul doloroso, ndr). Adesso però è un portiere che vale.”
Passiamo ai giorni (quasi) d'oggi. Le due stagioni al Futsal Portos?
“Ho ritrovato sia Alessio che Felipe Chemin. Di Felipe ti dico solo che è il più forte di tutti. Non faccio fatica a vederlo in futuro ai massimi livelli nazionali.”
Perché è finito il tuo rapporto con la società giallonera?
“E’ stata una mia scelta adducibile a problemi personali e logistici. Ringrazierò sempre la società per avermi dato fiducia, in particolar modo Salvatore Giorgi. I portieri sono comunque passati in buonissime mani, poiché Luca Chiavaroli è un gran bel preparatore.”
Da grande appassionato e girovago dei campi non posso che chiederti di farci qualche nome di giovani portieri promettenti in azione proprio nella nostra regione.
“Ti dico subito che Joao Timm (Eagles Fermo, ndr), un classe ’95, ha altissime prospettive. E un futuro in serie A. Così come Dal Cin che noi abbiamo potuto ammirare nelle Marche solo per pochi mesi ad Ascoli.
Tra i giovani marchigiani purosangue mi piacciono molto Jacopo Dionisi, ora in forza all’Alma Fano ma già campione d’Italia under 21 col PesaroFano, e Francesco Fabbrizi, a cui auguro una pronta guarigione per tornare a guidare dai pali il Città di Falconara.
Ti segnalo anche due giovani virgulti del ruolo, Pierpaolo Calore e Stefano Traini, rispettivamente guardiani del Portos juniores e under 21. Chi è stato frenato da un brutto infortunio è Manuel Papetti. Ma il tempo per riprendersi c’è…”
Che futuro vedi per il calcio a 5 come disciplina, sia a livello marchigiano che nazionale?
“Il pianeta futsal è un mondo che amo. Per cui mi auguro tutto il meglio possibile. E che ci sia la possibilità per tecnici e giocatori di lavorare senza condizionamenti. Nella Marche direi che esistono buone potenzialità. Non del tutto sfruttate.”
Alberto, grazie della squisita chiacchierata. Un saluto prima di congedarci.
“Il piacere è stato reciproco. Se mi chiedi di fare un saluto non posso che nominare ancora Luigi Pagana, a cui debbo tantissimo. E poi a Lorenzo Morini e Roberto Baldassarri. Senza di loro, oggi non farei quello che più mi piace fare.”
Trasformista
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Commenti
Sei tu il vero numero 1 !!!!!!!!!!!!!!
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