De Sousa e la Coppa Marche che è valsa la C2: “Dedicato a mio padre e alla mia famiglia. E a questo gruppo fantastico, il Potenza Picena”
Le Futsal Marche Finals Cup finiscono quando si esauriscono le interviste a vincitori e organizzatori.
Non prima. Almeno è così per noi, forzati del web.
E’ il momento allora di omaggiare il Potenza Picena, la prima squadra nella storia del futsal marchigiano (e forse italiano) ad assurgere dalla fondazione alla serie C2 in soli 4 mesi.
Attraverso la conquista della Coppa Marche 2014-2015 di serie D. E della sua preziosa dote, la promozione anticata in C2.
Avendone già intervistato membri, facciamo scegliere ai vertici stessi della società potentina chi sottoporre le nostre domande.
E avviso Francesco Mancini e Andrea Galassi, i plenipotenziari giallorossi.
Francesco è un ciclone. Simpatia contagiosa, affabilità massima, innamorato del futsal.
Andrea è più sornione. Brillante, divertito e divertente. Con quella giusta dose di ironia che in un mondo dove tutti si prendono sul serio non può che starci bene.
La loro risposta è istantanea. Secca. Precisa.
Come un tiro del loro asso brasiliano.
“Andrè De Sousa. Lui è il nostro simbolo, la nostra bandiera. Giusto che parli ancora lui.”
Così richiamiamo Flash Andrè, due mesi dopo la conquista della Coppa provinciale di Macerata.
Mentre cerchiamo il suo numero nella rubrica, ci viene in mente quando ci contattò in estate dal Brasile.
“Faccio bene a scendere in D? Ci si può fidare di questa gente? E’ un progetto serio?”
La risposta leggendo questa intervista.
Con Lamerica spostata in un paese maceratese. Di nome Potenza Picena.
Partiamo da dove di solito si finisce. La tua dedica per questo successo?
“La dedico alla mia famiglia e ai miei amici. E a mio padre che non c’è più. Da lassù sarà contento.
E poi a tutto questo grande gruppo che è il Potenza Picena. Un gruppo eccezionale.
C’è chi ha giocato con la febbre, con il mal di schiena, chi in attacco anziché in porta. E c’è chi non ha giocato per nulla, sostenendoci come se fosse in campo. Da protagonista.”
Al Palscherma qualcuno ha pensato che un po’ di dedica ci fosse pure per Futsalmarche.it…
“No, no (sorrisone, ndr). Siete miei amici, avete fatto tanto per il calcio a 5 marchigiano. Ma non erano per voi…
Le mie esultanze erano per le telecamere. Credevo fossero collocate nella vostra postazione. Ed invece erano in mezzo alla tribuna. Volevo che la mia famiglia vedesse in TV quello che sto facendo qua in Italia. E fosse orgogliosa di me.”
Andiamo alla partita. Senza soffermarci sulle scelte arbitrali che hanno deciso la gara (la mancata espulsione con rigore di Gasparini, quella realmente comminata a Marco Petrolati) sul 3-3, travolto dai crampi con l’Ostrense che vi aveva rimontato due reti, ci credevi ancora di poter vincere?
“Si che ci credevo. I miei compagni avevano e stavano dando tutto. Io ero stravolto dai crampi. Ma la vittoria era lì ad un passo che devi per forza crederci. Soprattutto dopo aver fatto così tanta fatica…”
Raccontaci il gol della vittoria, il gol del 3-4 che ha deciso Ostrense-Potenza Picena.
“Loro erano rimasti in inferiorità numerica. Ed è stata la mia fortuna. Non riuscivo più a correre, ma così potevo respirare non dovendo più seguire un uomo.
Non mancava molto alla fine. Facevamo girare bene palla, ma nessuno forzava l’imbucata sul secondo palo. Come da schema. E i due minuti di superiorità si stavano consumando in fretta.
Così quando Giaconi mi ha passato per l’ennesima volta la palla dall’angolo in parallela, ho tirato senza pensarci. Più per scuoterci che per una reale situazione favorevole.
Sono stato fortunato a trovare l’angolino.”
Siamo rimasti particolarmente colpiti dalle prestazioni dei tuoi compagni a noi meno noti. In particolar modo Ignacio Giaconi e Stefano Micucci…
“Io la serie D non l’avevo mai fatta. E quindi non conoscevo i giocatori.
Quando mi ha chiamato Francesco Mancini ero in Brasile. Gli dicevo che da solo non avrei potuto vincere nulla. Nel calcio a 5 per ottenere buoni risultati serve il collettivo.
Francesco mi diceva di stare tranquillo che aveva già in casa dei buoni giocatori. Aveva completamente ragione…”
Il curioso caso di Ricardo Batocco. Utilizzato sia in porta che in attacco. Ma dove è più bravo?
“Ahaaha (risata fragorosa, ndr). Per me è molto bravo in porta, ma se la cava pure in attacco. Nella finale è stato schierato come giocatore di movimento per problemi di organico.
Avendo un altro buon portiere a disposizione come Salvatore De Martino, il titolare al Palascherma, possiamo sfruttare spesso Riccardo nel suo altro ruolo.
E’ una fortuna avere due portieri così bravi. Anche se Salvatore un difettone ce l’ha… Tifa Napoli! (ennesima risata, ndr.)”
Un ruolo chiave nella fondazione e nella nascita del Potenza Picena ce l’ha avuto Ludovico Flamini, il capitano. Me lo confermi?
“Assolutamente si. Ludovico è stato ed è fondamentale. E’ il collante di un gruppo dove non c’è solo Paolo Testella o il sottoscritto.
Qua si vince tutti insieme. Da chi gioca tanto come me, a Riccardo Canale che non può giocare perché ancora infortunato, a chi ha giocato meno.
Il Capitano è stato il primo ad essere coinvolto nel progetto. E il primo a chiamare e convincere gli altri.”
A proposito di Testella. Mai visto un Harry Potter così, magico ma senza alcuna pazzia. E’ definitivamente maturato?
“Sicuramente. Prima era un fenomeno con i piedi, ma qualche volta un po’ matto.
Quest’anno è il primo a guidare il gruppo in allenamento. Ed è diventato pure molto esigente quando si lavora. E spesso sgrida pure a me.
E’ davvero cambiato. E si è comportato sempre così. Non solo nella finale di coppa, ma pure in campionato…”
Nel concludere la valutazione dei singoli non possiamo non chiederti di Riccardo Selmarini. Che ci dici di lui?
“All’inizio, come ti avevo detto in un’altra intervista, abbiamo avuto delle difficoltà di amalgama. Ma era naturale. Con tanti giocatori provenienti da categorie diverse. Poi siamo cresciuti insieme.
E’ un mister giovane, si informa tantissimo, studia molto, cercando di mettere in pratica ciò che apprende. Sono convinto che diventerà un grande allenatore.
Personalmente è un grande amico, dentro il campo e fuori.”
Ora che siete promossi in C2, non correte il rischio di giocare il campione senza le giuste motivazioni?
“Assolutamente no. La società è stata chiara e noi giocatori la pensiamo allo stesso modo.
Vogliamo vincere il campionato. E poi anche il titolo regionale. Lasciando meno punti possibili per strada.
Logicamente non sarà facile. Il nostro è un girone molto duro. Ci sono squadre forti con fior di giocatori. Si pensi ai cugini del Futsal Potenza Picena, all’Audax Montecosaro, al Sant’Elpidio, al Soccer Sma, al Futsal Monturano.
E’ una serie D ma assomiglia molto a una C2…”
Avete però il vantaggio di poter pensare al futuro con largo anticipo. Quali sono i programmi del Potenza Picena? E’ vero che qualche giocatore si sia già offerto al Potenza Picena?
“Vero. Diversi giocatori, che prima avevano rifiutato le proposte potentine, ora vogliono venire. Perché hanno capito che c’è qui c’è gente seria e che si fanno le cose per bene. Come ad esempio aver bruciato le tappe con questa promozione arrivata solo dopo 4 mesi dalla nascita.
La società ha un progetto ambizioso in termini di crescita. E non solo di salti di categoria. Sta guardando alla creazione di un settore giovanile. E dal prossimo anno giocheremo nello splendido palazzetto comunale.
Proprio ieri le autorità comunali ci hanno ricevuto e insignito di una pergamena per il nostro successo che ha contribuito a portare in alto il nome del Comune di Potenza Picena.”
Prima di chiudere un pregio ed un difetto del Boss Andrea Gallassi e di Francesco Mancini?
“Qui a Potenza mi trattano come un amico intimo, quasi un fratello. Mi fanno in pratica vivere con loro. Andiamo a cena insieme, mi vengono a trovare a casa. E capisco quanto sia difficile introdurre dentro dei tessuti familiari radicati quello che fino a poco tempo fa era in pratica uno sconosciuto.
Andrea è la persona migliore che ho conosciuto da quando sono in Italia. Mi fa lavorare in un suo negozio.
Il suo miglior pregio è la bontà che qualche volta può essere pure un difetto quando gli altri se ne approfittano.
Francesco è della stessa pasta di Andrea, una persona buonissima… ecco perché tra loro si considerano fratelli. Spesso lascia la famiglia e i suoi due bambini piccoli per seguire la squadra. E non so come faccia a far combaciare tutto…
Il difetto è che parla tanto quanto me. E spesso insieme ne diciamo di castronerie…(risatona, ndr)”
Insomma Andrè De Sousa al Potenza Picena, più che un giocatore sei uno della famiglia. Un po’ come lo eri da Augusto Brasili alla Juventina…
“Proprio così. Se vogliono io giocherò sempre e solo per loro. Non cambierò mai più squadra. E ora tutti penseranno che De Sousa lo dice perché è furbo in quanto lo pagano bene. Ma i soldi non sono tutto.
Qui, come da Augusto, mi vogliono bene per davvero. E quando mi hanno detto che volevano vincere quella Coppa Marche, io avrei dato tutto me stesso per i loro sguardi.
Per vedere i loro occhi felici, come li hanno resi i miei dandomi amicizia e fratellanza.
E così è stato.”
Marco Bramucci
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